Circolare n. 176 Milano, 20/11/2023

A tutta la comunità scolastica

SITO

In silenzio, per Giulia

Domani la scuola, su indicazione del Ministero, osserverà un minuto di silenzio in memoria di Giulia e delle (troppe) donne vittime di femminicidio.

La sorella di Giulia ci chiede (ci urla) di non farlo, perché il silenzio non serve a nulla. Ciò che serve è una rivoluzione, una rivoluzione salvifica, che salvi, in senso letterale, la vita (cito testualmente) delle “ragazze del presente e del futuro”.

Noi domani, scusaci Elena, osserveremo il minuto di silenzio, lo faremo col cuore affranto e con la promessa che il nostro dolore, la nostra rabbia, la nostra indignazione non vadano sprecati.

C’è chi dice che la scuola debba fare di più per l’educazione sentimentale. Che occorra inserire ore dedicate a questo tema.

Io non so se questa sia la strada. Ma so che chi abita la scuola ha un privilegio immenso.

La scuola è il luogo in cui l’esperienza dell’altro è mediata dalla cultura e dal sapere.

A questo serve la scuola. A darci gli strumenti per leggere storie, per dare un nome alle relazioni, che sono fatte di affetto, amore, distacco, tradimento, riconciliazione, frustrazione, dolore e poi ancora amicizia, nuovi affetti e nuovi amori.

Dare un nome alle cose, saper distinguere tra amore e violenza, tra affetto e sopruso, a questo serve la scuola. La letteratura, l’arte, la storia, la filosofia, a questo servono. A trovare le parole per dire all’altro ciò che proviamo. A interpretare le parole dell’altro, e ad accettarle.

Ma la scuola è molto di più, ed è per questo che chi abita le scuole ha un privilegio che altri non hanno.

Nella scuola si impara insieme alle altre e agli altri. E in questo studiare insieme si impara a riconoscere i successi dell’altro e ad accettare i nostri insuccessi. A leggere le nostre debolezze come nostri limiti e non come colpe dell’altro. A questo servono le scienze, la matematica, le scienze motorie: procediamo per tentativi ed errori. Accettare l’errore non incolpando l’altra/o del nostro temporaneo fallimento, a questo serve la scuola.

Io non lo so se la scuola basti a eliminare la violenza dalle nostre società. Perché questo accada occorrerebbe davvero una rivoluzione: nelle famiglie, in televisione, sui social, nelle Istituzioni.

Però so che chi abita la scuola ha il dovere morale di essere un cittadino migliore. Perché a lui la società ha offerto il privilegio di leggere le emozioni attraverso l’esperienza del sapere condiviso, in un luogo che è fatto di voci, corpi, femminile, maschile, vita.

Se la scuola non è più un ascensore per migliorare la propria posizione economica, essa deve essere ancora un ascensore sociale per formare cittadini migliori. Se fallirà in questo, allora forse avremo fallito davvero.

Con dolore e immensa fiducia nelle ragazze e nei ragazzi dell’Einstein.

La Dirigente Scolastica

Alessandra Condito

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